sabato 23 febbraio 2008

Tempo per pensare


Pensiero n° 1. Strano come a volte le piccole coincidenze della vita aprano lo scrigno fatto di ricordi che giace sottorreato nei meandri della mia mente. Tutto parte dal fatto che ho letto un libro. Un libro che definirei molto "mio": i viaggi mentali sono molto miei, l'ironia che si cela tra le righe è molto mia.. insomma, tutto si intona molto con la mia visione della vita, dell'amore, e forse sì, anche dell'arte culinaria. Secondariamente ho scoperto che esiste anche un film, tratto proprio dalle righe di questo libricino di 160 pagine appena. E così, caso ha voluto che io scoprissi che la canzone principale di questa pellicola è una canzone che non sentivo da una vita e che mi è molto familiare. Il nome è Coming Around Again, la cantante è Carly Simon, il sound è molto (ma molto) anni '80. E sì, è vero che negli anni '80 sono stati fatti molti errori, come ad esempio le spalline imbottite dei vestiti per signora, certe acconciature paurose e alcuni gruppi musicali che potevano tranquillamente rimanere in quel buco nero che è la non - notorietà. Ma gli anni '80 hanno anche riservato canzoni come questa e come, ad esempio, Total Eclipse of the Heart e Because the Night (anche se a voler essere sinceri quest'ultima è del '79). E, inoltre, questa decade racchiude anche l'infanzia della sottoscritta, quindi ai miei occhi assume tutta una serie di sfumature particolari.
Comunque, sempre caso vuole che l'ascolto ripetuto della canzone di Carly Simon mi abbia ricordato improvvisamente il perchè di tanta familiarità. Avevo 2 anni quando mia madre mi faceva ballare su questa musica. Era una cosa che faceva sempre quando eravamo a casa da sole e per me i momenti passati con lei in questo modo erano i più belli che ci potessero essere. Mi prendeva in braccio e cominciavamo a ballare, mentre magari dava l'aspirapolvere o spolverava i mobili del salotto. Le canzoni più gettonate erano With or Without You degli U2 e, per l'appunto, questa. Mi ricordo le piroette che mi facevano tanto ridere e girar la testa. Mi ricordo che mi dispiaceva quando la canzone finiva e a volte convincevo mia madre a ballarci di nuovo sopra. E mi ricordo che facevo ciao con la mano alla vicina della casa di fronte che ci guardava e sorrideva.
Questi ricordi mi fanno pensare al fatto che, per quanti problemi si siano verificati negli anni successivi, la mia è stata una bella infanzia. E che lei, nonostante tutto quello che ha dovuto affrontare e tutta la tristezza che le è piombata improvvisamente addosso, è stata una brava madre. Sempre fantasiosa, sempre creativa, sempre dolce e premurosa.
Sempre sorridente, nonostante tutti i guai.
Forse è proprio da lei che ho preso questa caratteristica.
Sì, forse è così.

Pensiero n° 2. Bologna è bellissima. Non smetterò mai di pensarlo. Ogni angolo cela qualcosa, basta prestare un po' d'attenzione. Osservare. Camminare con lentezza, come se non avessi null'altro da fare nella vita. Percorrere i vicoletti, lontano dalla folla targata shopping del sabato pomeriggio. Ascoltare una canzone, piuttosto che il rumore delle marmitte e il rombo degli ingombranti autobus. Pensare che sei nata qui e che tutto un po' ti appartiene, perchè ce l'hai dentro, nel sangue e negli occhi.

Pensiero n° 3. Ho riguardato C'è Posta per Te, il film con Meg Ryan e Tom Hanks. Ne avevo fisiologicamente bisogno. E ho comprato un libro da cui mi aspetto molto. Avevo fisiologicamente bisogno anche di quello. Ultimamente ho fisiologicamente bisogno di un sacco di cose, come se dovessi nutrire una parte di me. Un qualcosa che mi cresce dentro, ma che non ha ancora una forma precisa. Se facessi un'ecografia della mia anima, vedrei che c'è una specie di germoglio, ma non distinguerei nessuna delle sue parti. Per ora meglio così. Continuerò a nutrirmi, sperando che la mia anima non ingrassi. Per quello c'è già il corpo.

mercoledì 13 febbraio 2008

I'm living in a joke

4 è il numero perfetto. Fino ad oggi credevo fosse il 3, come la maggior parte delle persone. Ma mi sbagliavo.
Tre: gommista, meccanico, elettrauto. Queste le persone che ho conosciuto nelle ultime 3 settimane. Una media impeccabile. 224 euro l'ammontare dei nostri appuntamenti. Ma era proprio questo 224, numero del destino, a dovermi far sospettare di una quarta presenza che avrebbe riempito con la sua professionalità questa mia quarta settimana.
E il quarto numero sulla ruota della Punto di Bologna è..... il carrozziere.
Il perchè è presto detto. Valentina è ferma al semaforo. Guarda nello specchietto a sinistra e pensa che la punto azzurra che sta cercando di affiancarla non ci passa e che di certo si fermerà. Ma non si ferma.
Valentina riesce a farsi incidentare la macchina da un vecchietto nato nel 1916 e con la patente irrimediabilmente scaduta.
Nonostante la questione sia tragica, la povera Valentina percepisce anche un profondo lato comico. O meglio, ridicolo. Perchè qualcuno di saggio ha commentato che certe cose possono succedere solo a me.
..ed io sono assolutamente d'accordo.

lunedì 11 febbraio 2008

Take a deep breath, and just relax..

Un giorno lunghissimo, questo undicifebbraioduemilaotto. Le ore di questa giornata troppo fredda si sono dilatate fino a confondersi l'una con l'altra e così mi sembra di vagare fuori dal mio caldo lettino da fin troppo tempo..
Ennesimo esame... Com'è andato? Non saprei se devo essere sincera. Sono talmente stanca che non so nemmeno più come mi chiamo, quindi non ho voglia di pensare a cosa avrei potuto scrivere ma non ho scritto. Que sera, sera (whatever will be, will be). Ora vorrei semplicemente svuotare la testa da questo nugolo di nozioni invadenti e vagare mentalmente per altri lidi. Leggere quel libro che ho lasciato in sospeso. Dare un'occhiata a quella guida turistica. Fare i miei giretti fotografici per Bologna.. scatti black and white per imprimere in un fotogramma qualcosa che mi rimarrà sempre dentro. Le persone, i sorrisi. I bambini che giocano e i fiori che sbocciano su un terrazzino nascosto del centro. Una coppia che si tiene per mano, di qualsiasi generazione essa sia. Una statua che mi ispira senso poetico nascosta in un angolino di questa piccola città, che a volte assomiglia un po' ad un gioco di scatole cinesi e di cui forse non riuscirò mai a carpire tutti i segreti. Ho voglia di vivere un po', dopo aver sostenuto 5 esami in due mesi e poco più. Ho voglia di organizzare il mio meraviglioso viaggio. Prendere un caffè con le persone importanti e immeritatamente trascurate. Ascoltare la mia playlist preferita, mentre mi godo una tisana alla pesca e scrivo citazioni sull'agenda della Kaos piena di Klimt e Monet. Andare a vedere quella mostra di cui parliamo da un po' e sì, perchè no, mandare finalmente quel curriculum.
Desidero veramente godermi un po' di vita, credo di essermelo faticosamente guadagnato.
...Se invece decido di dare anche l'esame facoltativo di neuroanatomia, rinuciando così al meritato riposo, sono ufficialmente pazza (nonchè irrimediabilmente perfezionista) e vi do il permesso di rinchiudermi.

domenica 3 febbraio 2008

"Feelings are intense, words are trivial" (Enjoy the Silence, Depeche Mode)


Forse parlo a raffica perchè penso che il mio silenzio parli molto più di un intero monologo. Copro tutto con miliardi di parole e aneddoti, che forse spesso potrei evitare, come si copre con un tappeto un po' di polvere sul pavimento. In realtà il mio silenzio significa qualcosa solo per me ed è inutile che io continui a dargli un potente significato comunicativo. Un silenzio è semplicemente qualcosa di non detto. Il momento passa e non torna. E lascia quell'amarognolo in bocca, molto simile al sapore residuo della birra. Che cosa volevi dire lo sai solamente tu e solo tu sai perchè non l'hai detto. Solo tu puoi dispiacerti o pentirtene. Nessuno è lì, pronto a cogliere al volo il senso di quello che non dici. Nessuno in fondo ha un'empatia così potente. Per fortuna. Ma a volte semplicemente purtroppo. E la colpa non è di nessuno, se non tua.
Desidero imparare a stare zitta e a non sperare irrealisticamente che qualcuno capisca cosa voglio dire. Oppure desidero trasformarmi in una delle statue di quel giardino, in modo che il mio silenzio venga fotografato, interpretato, preso in considerazione come qualcosa di più significativo di una semplice assenza di suono.
Desidero anche imparare a sfruttare i momenti e a dar semplicemente voce chiara ai silenzi.
Ma, conoscendomi, è molto più probabile che io mi trasformi in una statua.