venerdì 21 marzo 2008

Parlare d'amore è come ballare sull'architettura

"Ho un amico, un jazzista. Un suonatore di tromba. Davvero fantastico.. vado a sentirlo quasi ogni mese. Suona un pezzo che mi fa impazzire, una vecchia canzone di Chet Baker.. Soffia le stesse note ogni volta, e ogni volta sembrano diverse. Una notte bevemmo qualcosa, quando ci davo giù con il bere.. e cercai di dirgli quello che la canzone mi ispirava, quello che la musica mi ispirava, insieme al suo modo di suonare. Lui si limitò a scuotere la testa e a dire: Joan, non si può parlare di musica. Parlare di musica è come ballare sull'architettura... Ed io dissi, beh allora se fai il filosofico con me non serve parlare di tante altre cose. L'amore, per dire! Il mio amico rise e disse: esatto! Più che esatto. Parlare dell'amore è come ballare sull'architettura... Sai non lo so. Magari ha ragione. Ma questo non mi impedirà di provarci.."

Ieri sera ho riguardato Scherzi del cuore, un film sconosciutissimo, nonostante sia costellato di personaggi famosi (Sean Connery, Angelina Jolie, Ryan Philippe, la Scully di X - Files..).
E sono arrivata alla conclusione che sebbene io sia sempre stata un po' come Joan, presto o tardi diventerò come Meredith. E in fondo forse è un bene, perchè un po' di difese bisogna pur erigerle. Solo io non l'ho ancora capito.
Comunque l'importante è non finire per diventare come Gracie. Ma mi conosco troppo bene e penso proprio che non ne esista la possibilità.



martedì 18 marzo 2008

Tre. Due. Uno.

Dicono che urlare sia un atto estremamente distensivo.
Tre. Due. Uno.

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!
Sul tirare fuori la voce ci sto lavorando.

lunedì 10 marzo 2008

I giorni della valigia


I giorni della valigia sono quelli in cui tutti (ma proprio tutti) i passeggeri dell'autobus ti guardano male. Perché essenzialmente occupi spazio, perché dai fastidio, perché turbi il tipico torpore delle 7.30 del mattino. Da quando hai sostituito il trolley con un semplice borsone da palestra le persone sono forse diventate un pelo più benevole nei tuoi confronti. Ma non ci giureresti.
I giorni della valigia sono quelli in cui hai paura di aver scordato qualcosa di essenziale. Ad esempio il caricabatteria del cellulare. Oppure il caricabatteria del pc. Oppure il caricabatteria della macchina fotografica. Insomma, un caricabatteria, per fare un esempio.
Ma i giorni della valigia sono anche quelli in cui arrivi, appoggi il borsone in salotto, fai una carezza ai gatti e ti rendi conto che la casa è vuota. E questo ti piace, ti piace smisuratamente. Perché c’è silenzio, perché hai uno spazio che per un paio d’ore è tuo, perché puoi pensare senza che niente te lo impedisca. Disfi la valigia, avendo cura di mettere tutto come vuoi tu, perché qui lo puoi fare. Il libro di fianco al letto, i calzini a righe da una parte, quelli “da adulti” (termine usato dalla nonna per denominare i calzini unicolor) da un’altra. E per un po’ è tutto perfetto, soprattutto ora che le giornate si allungano e puoi tenere la finestra aperta in cucina fino a tardi.
Ovviamente i giorni della valigia sono anche quelli in cui la schiena ti duole e arrivi a casa con il fiatone, perché ammettiamolo, non hai più il fisico (se poi ce l’hai mai avuto un fisico!). Sono quelli in cui avresti bisogno di un massaggio, perché dopo ore di lezione e il percorso verso casa il male al collo è una triste ed inesorabile certezza. E sono anche quelli in cui speri che il barilotto della serratura non si inceppi di nuovo, perchè con i vicini fai sempre la figura di quella che sta cercando di scassinare una porta. Ma sono anche i giorni in cui un’adorabile delinquente di gatta bianca e nera ti cammina sulla tastiera del computer mentre tu desideri ardentemente scoprire che internet macina correttamente i suoi byte (se mai si chiamano così).
Sono i giorni in cui decidi di riprendere a scrivere un diario. Sono i giorni in cui decidi di riprendere a scrivere sul blog. Sono i giorni in cui ti chiedi se non era meglio cercarsi un lavoro invece di fare tutta questa fatica. Sono i giorni in cui senti quel germoglio crescere sempre più.
I giorni della valigia sono i giorni in cui porti sulle spalle te stessa: un paio di jeans, due maglie, biancheria, libri, quaderni, computer, macchina fotografica e agenda straripante di annotazioni. Pensieri e desideri. Che forse sono quelli che, in fin dei conti, pesano di più.